Il tatuaggio suscita sentimenti opposti e contrastanti sia in chi li “indossa” che in chi li osserva: dal fascino all’attrazione da sensazioni di scetticismo al cattivo gusto. Il tatuaggio ha, da sempre, una forte connotazione simbolica, ma oggi assume più caratteristiche estetiche che particolari simbolismi, sebbene i cultori dei tatuaggi amano conoscere e apprendere la storia del tatuaggio e dei diversi stili e tradizioni di provenienza. Che sia per estetica, per passione o per cultura, chi desidera avere un tatuaggio deve rivolgersi a esperti nel settore, così come chi desidera diventare un tatuatore è fondamentale che si prepari e utilizzi gli strumenti giusti. I corsi per tatuaggi a Roma non mancano anche perché la capitale è una delle città trend-setter in questo ambito.
Cenni storici sul tatuaggio
La pratica del tatuaggio ha origini antichissime, le prime testimonianze risalgono a oltre 5000 anni fa, ne è prova il rinvenimento lungo il confine italo-austriaco della “Mummia di Otzi”, il corpo congelato di un cacciatore vissuto circa 5300 anni fa che presenta in diverse parti del corpo dei segni, in tutto simili a tatuaggi, realizzati tramite lo sfregamento di carbone in polvere su incisioni verticali sulla pelle. In corrispondenza di questi segni, gli esami ai raggi X hanno evidenziato delle degenerazioni ossee per cui gli scienziati ritengono che questo tipo di tatuaggio fosse una forma di trattamento terapeutico per lenire i dolori.
Nel tempo, il tatuaggio assume già diverse connotazioni. Nell’Antico Egizio (2000 a.C.), le testimonianze rinvenute sulle pitture funerarie rivelano tatuaggi sui corpi delle danzatrici, nonché sui corpi di alcune mummie, soprattutto donne. Nelle popolazioni celtiche si trovano tracce di tatuaggi a tema animale come tori, gatti, uccelli, cinghiali e pesci, tutti rappresentanti delle divinità che quei popoli adoravano. I Romani, invece, che erano cultori dell’integrità e della purezza del corpo umano, vietavano il tatuaggio che era utilizzato esclusivamente come marchio di infamia, segno visibile con cui si segnavano i criminali e i condannati; in un secondo momento – in seguito agli scontri con i britanni – che invece utilizzavano i segni sulla pelle come marchi di onore – anche i romani, ammirandone la ferocia e allo stesso tempo la bellezza e la forza che questi simboli sulla pelle evocavano nei loro nemici, cominciarono a tatuare il proprio corpo con segni di distinzione.
Con l’avvento del Cristianesimo, inizialmente , era diffusa la pratica di ostentare la propria fede tatuandosi sulla fronte, la Croce di Cristo, fino a quando nel 787 d.C. Papa Adriano ne proibì l’uso. Durante le Crociate, i cavalieri presero l’abitudine di incidere sul corpo il segno della Croce di Gerusalemme affinché in caso di morte fossero riconosciuti come cristiani e ricevessero la sepoltura secondo il rito cristiano. Con la fine delle Crociate, la tradizione del tatuaggio sembra scomparire del tutto in Europa, fino al 1700. Nei primi anni del XVIII secolo, coni viaggi esplorativi verso i territori del Centro e Sud Pacifico, i marinai entrano in contatto con le popolazioni indigene locali dove il tatuaggio ha una valenza culturale molto forte e segna le tappe della vita di un adulto:
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Le donne tahitiane, raggiunta la maturità sessuale, tatuavano le natiche di colore nero;
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Gli indigeni del Borneo usavano tatuare il palmo della mano con un occhio, simbolo della guida spirituale nell’aldilà;
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A Samoa, si praticava il rituale del “pe’a” il tatuaggio integrale del corpo che richiedeva 5 giorni di sopportazione del dolore, al termine dei quali si veniva acclamati come coraggiosi e dalla grande forza interiore.
Fu nel 1769, grazie alle annotazioni del capitano James Cook che approdato a Tahiti osservò l’uso del tatuaggio e trascrisse per la prima volta il termine Tattow (poi diventato Tatoo) con il quale gli indigeni locali definivano il tatuaggio o tau tau, il suono onomatopeico che ricorda il picchiettare del legno utilizzato per incidere con l’ago la pelle; sempre grazie a James Cook si apprendono i metodi utilizzati dagli indigeni per incidere la pelle: il più frequente era quello di servirsi di una conchiglia affilata e legata ad un bastoncino.
Il tatuaggio nelle varie culture
I Maori neozelandesi erano soliti firmare i trattati riproducendo i segni che avevano tatuati sulla faccia perché erano distintivi e personalizzati, proprio come una firma. I tatuaggi facciali si chiamano “moko”, ognuno è diverso dall’altro e indicano l’appartenenza ad una famiglia o indicano le conquiste ottenute nella vita adulta. I tatuaggi facciali erano talmente particolari che nel primo ventennio del 1800, si sviluppò una macabra pratica: quella di barattare le pistole con le teste tatuate dei guerrieri Maori. Il commercio era tale che per far fronte alle richieste, i commercianti di schiavi catturavano gli indigeni e li facevano tatuare appositamente per poi ucciderli e venderne le teste. Questo macabro commercio ebbe fine nel 1831, quando il Governo britannico dichiarò illegale l’importazione di teste tatuate.
In Giappone, il tatuaggio era praticato dal V secolo a.C. a puro scopo estetico, ma il tatuaggio in Giappone aveva anche una valenza “magica” o era utilizzato per marchiare i criminali. Gli attuali tatuaggi di tradizione giapponese, così belli e raffinati, nascono in seguito a un atto di ribellione, quando in Giappone furono emesse delle leggi repressive per vietare alla popolazione di ceto basso di indossare kimoni decorati. Per protesta, le persone cominciarono a “indossare” – nascosti sotto i kimoni – degli enormi tatuaggi decorativi che ricoprivano il corpo partendo dal collo fino ai gomiti e alle ginocchia. Nel 1870, il Governo giapponese dichiarò illegale questa forma sovversiva di violare la legge, ma il tatuaggio continuò ad essere praticato nell’ombra. La cosiddetta “mafia giapponese”, la Yakuza adotta il tatuaggio integrale come ribellione alla legge e i disegni elaborati e complicati rappresentano conflitti irrisolti, ma anche caratteristiche o qualità del tatuato: la “carpa” rappresenta la forza e la costanza, il “leone” il coraggio e l’intraprendenza.
I tatuaggi moderni e la nascita della macchinetta elettrica
Nel 1891, un inventore statunitense – Samuel O’Reilly – brevetta la prima macchinetta elettrica per tatuaggi che rende la procedura meno dolorosa e più veloce. Il tatuaggio comincia a diventare un fenomeno di “massa”, nei circhi americani dei primi anni del 1900, si assumono centinaia di persone tatuate dalla testa ai piedi come attrazioni da baraccone e per oltre mezzo secolo, il tatuaggio è il marchio delle minoranze etniche, dei marinai, dei veterani di guerra, dei malavitosi o dei criminali e dei carcerati, di tutta una categoria di persone considerate culturalmente arretrate o con disordini mentali. Negli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, i movimenti punk adottano il tatuaggio come forma di ribellione sociale e morale ai dettami della società. Fino ad arrivare ai giorni nostri, dove il tatuaggio si è liberato dai pregiudizi per diventare un simbolo da portare sulla pelle che sia per puro senso estetico o per imprimere un ricordo o un momento indelebile della propria vita o per recuperare un valore tradizionale e antico. In ogni caso, i tatuaggi devono essere svolti in sicurezza ed eseguiti da mani esperte e con certificati o diplomi riconosciuti come quelli della Scuola Estetica BSA a Roma.